Un parco fotovoltaico ridurrà la «bolletta» del Mose. Di quanto, ancora non si sa, anche perché Eni, a cui il commissario straordinario Elisabetta Spitz ha affidato il progetto di «decarbonizzazione » dell’opera, sta ancora aspettando di capire in quali aree potranno essere messi i pannelli. Pare infatti naufragata l’idea di sfruttare la «piarda» di Malamocco, creata nel 2007 come area di cantiere dei cassoni di calcestruzzo: la Soprintendenza, che all’epoca l’aveva autorizzata solo come opera «provvisoria», vorrebbe che fosse demolita e peraltro i lavori erano già iniziati e sono stati spesi alcuni milioni di euro. Sono in corso ulteriori verifiche.
Ma nel frattempo Eni sta progettando la copertura di tutte le altre aree nel perimetro del Mose, sia a terra che sui tetti degli edifici. «Siamo stati coinvolti, attraverso la nostra società di ingegneria EniProgetti - spiega l’azienda del cane a sei zampe - È prevista l’installazione di impianti fotovoltaici e di stoccaggio di energia nelle aree rese disponibili dal Mose stesso». Da un lato dunque verranno messi dei pannelli, che ovviamente saranno ad alta efficienza e per i quali verrà fatto uno studio su posizionamento e orientamento, per sfruttare al meglio le ore di esposizione alla luce; dall’altro ci saranno delle batterie di accumulo. «L’obiettivo è l’autosufficienza del Mose», ha spiegato ieri la capodipartimento del ministero delle Infrastrutture Ilaria Bramezza nel corso della sua audizione di fronte alla commissione Ambiente della Camera nell’ambito dei lavori sulla nuova legge speciale.
Bramezza ha fatto il punto su quanto fatto nell’ultimo anno, dal tavolo tecnico su Venezia da lei condotto ai vari sotto-tavoli su Mose e grandi navi, fino alla ripartenza dei cantieri dopo la crisi del Consorzio Venezia Nuova. «Il Mose sarà finito entro il 31 dicembre 2023 - ha confermato Bramezza - I lavori del piano Europa avranno tempi un po’ più lunghi, ma i soldi ci sono tutti, anzi ce ne sono anche di più. Quanto all’aumento dei prezzi, anche il Mose beneficerà del decreto legge 50». Che garantisce fino al 20 per cento, in più, tanto che si parla di quasi 150 milioni. Quanto alla difesa di San Marco e della Basilica , la dirigente ha ricordato che lo Stato ha investito 4 milioni per il «mini-Mose» a protezione del nartece, che per il 30 settembre sarà conclusa la barriera di vetro che costerà 5,2 milioni e che a breve sarà affidato il primo stralcio dell’intera piazza, per un importo di 11,5 milioni dei 47,5 complessivi. Anche la conca di Malamocco è in fase di riparazione.
I numeri dell’investimento
E’ toccato poi al dirigente del Provveditorato Francesco Sorrentino dare i numeri di tutti gli investimenti dello Stato su Venezia dal 1985 a oggi. Per la legge speciale sono stati assegnati 2 miliardi e 751 milioni, di cui però solo 168 milioni dopo il 2003 , quando sono stati avviati i cantieri del Mose, a conferma che le dighe hanno drenato quasi tutti i fondi. Per l’opera erano stati già spesi 303 milioni di legge speciale (195 per progettazioni e attività di studio e 108 per le dighe foranee), mentre sono poi arrivati 5,9 miliardi dalla legge obiettivo, compresi i 538 milioni dell’ultima delibera Cipess. Per le difese locali sono stati investiti 908 milioni , 108 per i moli foranei, 351 per la difesa dalle mareggiate, 520 per il recupero morfologico di varie isole e canali e 415 contro il degrado dell’ecosistema lagunare, di cui 194 per i marginamenti di Marghera. «E’ la conferma che bisogna rifinanziare la legge speciale e trasformarla anche in una legge quadro sulle varie emergenze della città, dalla casa al moto ondoso, fino alla gestione dei flussi turistici», sottolinea il deputato del Pd Nicola Pellicani.
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