MATERA - È uno dei quartieri storici della città. Uno di quelli in cui chi ci è nato, chi ci risiede, o chi ci ha abitato sente di appartenere. Il Rione Piccianello è oggi una delle emergenze urbanistiche di Matera ma, nel contempo, il più importante nodo strategico per il futuro della città. È il quartiere dello Stadio, dell’ex stabilimento Barilla, del polo scolastico Marconi, del mercato ortofrutticolo, dell’ex mattatoio e della casbah, il reticolo di abitazioni costruite nel Dopoguerra in assenza di qualsiasi pianificazione urbanistica. È attraversato dalla linea urbana delle Fal e confina col Parco della Murgia.
È a due passi dalla Cava del Sole, dal Parco delle Cave, dalla vecchia discarica dismessa delle Cererie, dall’impianto di betonaggio dell’Italcementi (da almeno tre lustri in odore di delocalizzazione), dal mulino Alvino (edificio di archeologia industriale su cui sembravano esserci grandi propositi, finito con l’essere una banalissima sala ricevimenti) ed è la porta d’ingresso della città per chi visita il Belvedere di Murgia Timone. Progettato e realizzato negli anni 30, conosciuto dai materani come Rione Mussolini, avrebbe dovuto essere inaugurato nel 1935 dall’allora presidente del Consiglio, Piccianello è oggi un groviglio urbanistico da districare. Uno di quelli che scatenano l’estro e la creatività di architetti di talento e che possono essere finanziati ragionevolmente con le opportunità oggi disponibili. Avrebbe potuto esserlo il PinQua, il programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare. Per Matera è finito con un naufragio in porto: 14,9milioni mai assegnati per un progetto di rigenerazione nell’area Sud, classificatosi troppo indietro per sperare di farcela. È andata meglio a città come Bari, Milano, Lamezia Terme, Genova, Ascoli Piceno che hanno ottenuto finanziamenti da 75 a 100milioni di euro per piani di trasformazione urbana realmente ambiziosi.
Dopo il 2019, la sensazione è che Matera stia planando e intraveda il suolo sempre più vicino, mentre gli altri volano. Il Pnnr è un’altra opportunità che rischia di andare perduta visto che il Comune ha annunciato di voler candidare a finanziamento il progetto escluso dall’assegnazione dei fondi del PinQua, in aggiunta a quello che dev’essere ritenuto il fiore all’occhiello del programma: la lombrico-compostiera. Ci sono poi le questioni reali che necessitano di investimenti cospicui per essere realizzate. Bari con il Pnnr riqualificherà l’area della costa sud: 90 ettari di terreno da espropriare e un finanziamento di 75milioni. Matera non sembra avere l’ambizione di proporre un piano di rigenerazione per il suo vero nodo urbanistico, partendo magari dall’acquisizione dello stabilimento ex Barilla. Eppure esistono già dei masterplan, alcuni realizzati dagli studenti dell’Unibas, altri decisamente visionari, che potrebbero costituire il punto di partenza per programmare il futuro di quel pezzo importante della città.
C’è poi la strada battuta da Bari che un tempo era il marchio di fabbrica di Matera, quasi un ricordo ancestrale della buona pianificazione: i concorsi di progettazione. Il Pnnr dovrebbe servire a cambiare la città, se diventa ordinarietà sarà un’occasione persa di cui qualcuno dovrà assumersi pienamente la responsabilità.
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