Calcestruzzo depotenziato: un termine che non ha senso

2022-08-20 13:19:34 By : Ms. Hong Lee

Il calcestruzzo è un materiale ampiamente utilizzato, si dice il più utilizzato al mondo dopo l'acqua, ma la conoscenza di alcuni suoi aspetti basilari e incredibilmente ancora spesso di livello basso, e di frequente i media generalisti lo "trattano davvero male" incolpandolo di problemi che in genere sono causati da "un altro soggetto". Ho ritenuto utile fare questa breve intervista al maestro dei maestri italiani e internazionali del calcestruzzo, il prof. Mario Collepardi, che cortesemente mi ha rispsoto (in tempi brevissimi). Ecco cosa è emerso.

quando oggi un’opera esistente presenta dei problemi strutturali connessi alla qualità del calcestruzzo con cui è stato costruito si usa spesso il termine “calcestruzzo depotenziato”. E’ una frase che ha senso tecnico ? Perchè ho la sensazione che spesso le ragioni stiano a monte, in una prescrizione fin dall’inizio sbagliata dei materiali.

Mario Collepardi (MC):  In realtà il termine "depotenziato" non ha senso perché indicherebbe un calcestruzzo inizialmente "sano" che nel tempo si è degradato. In realtà, un calcestruzzo si degrada quando il progettista non ha tenuto conto dell'aggressività ambientale adottando un rapporto acqua/cemento conforme alla "classe di esposizione" secondo la EN 206 e dello spessore di copriferro conforme all'Eurocode 2).

 Aggiunta d'acqua al calcestruzzo: di chi è la colpa ? 

Sicuramente l’aggiunta di acqua in autobetoniera è uno dei “tumori” del settore. Ma dopo tutti questi anni in cui si è parlato dell’importanza del rapporto acqua cemento ha ancora senso parlare di “incoscienza” e mancata conoscenza del problema o piuttosto è più corretto parlare di noncuranza dovuta all’assenza di controlli ?

MC: La colpa va suddivisa tra molti operatori: il progettista non prescrive un valore massimo nel rapporto acqua/cemento ed una lavorabilità adeguata alla difficoltà esecutiva dell'opera; l'impresa fa riaggiungere acqua sul cantiere; e soprattutto il direttore dei lavori “latita” dal cantiere mentre dovrebbe assistere al getto e rimandare indietro un’autobetoniera che trasporta calcestruzzo troppo asciutto a meno che l’impresa non esegua una compattazione completa nonostante la scarsa lavorabilità del conglomerato.

Se si aggiunge acqua è perchè si vogliono calcestruzzi più lavorabili. Ma se si fornissero calcestruzzo minimo in classe S4 il problema permarrebbe ? E come può essere che nel 2020, a oltre 50 anni dalla nascita del settore del calcestruzzo preconfezionato, ancora si producano e consegnino calcestruzzi in S2 e S3 ?

MC: Ci sono casi rarissimi dove il calcestruzzo in classe di consistenza S2 o S3 (come strutture circolari eseguite con casseri rampanti o pavimenti asciutti messi in opera con vibrofinitrice) possono essere impiegati. Ma per tutte le altre strutture si dovrebbero prescrivere (dai progettisti), produrre (dai preconfezionatori), impiegare (dalle imprese) e controllare (dai direttori dei lavori) calcestruzzi in classe di consistenza S5 o addirittura autocompattanti che non richiedono alcuna vibrazione le la loro messa in opera. Se questo non è fatto è dovuto anche alla carenza con cui si insegna il calcestruzzo nelle scuole per geometri e nelle facoltà di ingegneria civile-edile nonostante da oltre 50 anni esistano in proposito Norme Europee ben precise sull’argomento.

 Produzione del Calcestruzzo e mescolatore 

La crisi ha ridotto l’uso dei cosiddetti trasportatori aziendali, facendo ulteriormente esplodere la scelta dei padroncini. In un sistema quindi in cui il trasporto è affidato a terzi, non si dovrebbe arrivare a una maggiore garanzia della qualità del calcestruzzo obbligando l’uso del mescolatore in impianto ? Quali vantaggi si otterrebbero ? In Europa cosa succede ?

MC: L’impiego di un pre-mescolatore nell’impianto di betonaggio è essenziale per produrre un calcestruzzo omogeneo e costante nelle prestazione delle varie forniture. In realtà, l’autobetoniera senza il pre-mescolatore serve solo a trasportare il calcestruzzo ma non a renderlo uniforme. Sarebbe quindi opportuno che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rendesse obbligatorio l’adozione del pre-mescolatore a chi vuole produrre calcestruzzo preconfezionato.

Senza la presenza di un mescolatore è possibile garantire - solo attraverso le sonde dell’umidità e l’automazione - il rapporto acqua/cemento finale di un calcestruzzo ?

MC. No. Non è sufficiente.

Spesso si è parlato dell’importanza all’uso del mescolatore in generale, senza entrare nel merito della tipologia di mescolatore adatto per una produzione di calcestruzzo preconfezionato. Un mescolatore quindi vale l’altro ?

MC: No. Ogni pre-mescolatore dovrebbe garantire che dopo un determinato tempo di miscelazione produca sempre (salvo una tolleranza di 1 cm di slump) la stessa consistenza del calcestruzzo fresco. Purtroppo non esistono norme tecniche in proposito.

 Certificazione FPC del calcestruzzo

L’obbligo della certificazione FPC è stata ottenuta da tutti gli impianti esistenti senza però portare a un aumento né di prove sul calcestruzzo né di assunzione di tecnici di centrale. Come valuti questa situazione ? Abbiamo ottenuto una certificazione di carta ?

MC: Credo proprio di sì.

Una ultima domanda. L’evoluzione tecnologica nel calcestruzzo oggi ha portato alla possibilità di formulare calcestruzzi con caratteristiche e prestazioni un tempo non immaginabili. Ha ancora senso che le norme attuali prevedano la prescrizione di parametri quali il dosaggio minimo di cemento, il rapporto acqua/cemento, … Non si dovrebbe puntare a una nuova evoluzione delle norme in cui ci si concentri di più sull’obbligo di prescrizioni progettuali più moderne, oltre alla Rck e consistenza, quali ad esempio il ritiro, la resistenza alla penetrazione all’acqua, la tenacità e il modulo elastico ...

MC: Credo proprio di sì. In generale si dovrebbero prescrivere: la “classe di consistenza” (slump), la “classe di resistenza” (Rck), la “classe di esposizione” (categoria ambientale come XC4, XS1, ecc.): le ultime due “classi” comportano un proprio rapporto acqua/cemento tra i quali occorre adottare il valore più basso per soddisfare entrambi i requisiti.

Tuttavia, esistono anche altri requisiti “secondari” che talvolta vengono prescritti e che impongono l’adozione di un determinato rapporto acqua/cemento. Tra questi val la pena di ricordare: la resistenza alla penetrazione all’acqua sotto pressione per un serbatoio che conserva acqua, la resistenza meccanica a compressione alle brevi stagionature (1-3.7 giorni) per una più rapida esecuzione dell’opera, la resistenza meccanica a flessione o a trazione, ecc. Anche in questo caso occorre adottare il più basso dei valori del rapporto acqua/cemento per soddisfare tutti i requisiti prestazionali.

Sul sito di ENCO c'è un'area con i video delle lezioni del Prof. Mario Collepardi. Un supporto utile per tutti coloro che operano nella filiera.

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